domenica 16 ottobre 2011

Gli indignati a Roma: la responsabilità delle violenze

Quando la situazione è difficile è necessario essere chiari ed evitare l'ipocrisia: la responsabilità politica e morale delle violenze che ci sono state a Roma sabato 15 ottobre durante la manifestazione degli indignati è, in primo luogo, di questo governo e secondariamente di questa opposizione balbettante ed equivoca.
Se si trasforma la democrazia, cioè l'unico modo che abbiamo saputo realizzare per evitare i cambiamenti violenti, in un mercato indegno dove vince sempre il più ricco, poi non ci si può stupire se qualcuno decide di rispolverare concetti e pratiche che sembravano ormai appartenere al passato.
Se una generazione deve assistere alla propria espulsione dal mercato del lavoro da una crisi che è stata creata dalle grandi istituzioni finanziarie e da un'economia fuori controllo che crea una sempre maggiore distanza tra poveri e ricchi, poi non ci si può stupire se qualcuno decide di trasformare la propria disperazione in rabbia violenta.
Se dobbiamo assistere troppo spesso al triste spettacolo di cittadini morti in circostanze poco chiare mentre erano in custodia presso le forze dell'ordine o che da esse vengono malmenati in maniera ingiustificata e tutto questo poi non porta mai alla punizione dei responsabili e, soprattutto, alla fine di questa barbarie, poi non ci si può stupire se un blindato viene dato alle fiamme e su di esso venga scritto “ACAB” (All Cops Are Bastards).
Non si può pensare di esasperare, con le proprie inadempienze politiche e morali, un intero popolo e poi pensare che questo non crei conseguenze anche violente: se solo a Roma la protesta ha avuto gli esiti che si sono visti, mentre nelle altre nazioni tutto si è svolto in maniera ordinata, è perché solo in Italia c'è questa democrazia malata che non dà ai propri cittadini la speranza del cambiamento attraverso le procedure pacifiche del voto e della rappresentanza parlamentare.
Poi ci sono le responsabilità individuali, dei manifestanti che hanno usato la violenza e di chi queste violenze avrebbe dovuto contenerle e, possibilmente, fare in modo che non ci fossero. Ho seguito per tutto il pomeriggio la diretta di Sky TG24 e l'inviata per un paio d'ore, e forse più, ha parlato di una piazza San Giovanni dove i manifestanti, sia quelli pacifici, sia quelli violenti, non avevano via d'uscita. Che io sappia, ma non sono un tecnico dell'ordine pubblico, chiudere tutte le possibilità di fuga ad un massa di manifestanti è il modo migliore per provocare incidenti, per l'impossibilità di defluire delle masse coinvolte. Inoltre chi si trova costretto in tale situazione ha l'ulteriore alibi all'esercizio della violenza dato dal non avere via di scampo: mi piacerebbe che, oltre ai manifestanti responsabili delle violenze, sul banco degli imputati ci fossero anche i responsabili dell'ordine pubblico, ma Lorsignori, naturalmente, hanno fatto solo il loro dovere, cioè hanno provocato quello che avrebbero dovuto evitare.
Io detesto la violenza e vorrei che fosse sempre evitata, ma detesto anche l'ipocrisia e la patente incapacità di una classe dirigente che ha la responsabilità morale e politica di questa situazione e non fa niente per togliere le cause che l'hanno provocata, anzi sembra volerne sempre aggiungere altre.

domenica 4 settembre 2011

I referendum contro la legge elettorale


E' in corso la raccolta delle firme per due referendum abrogativi della pessima legge elettorale in vigore. E' possibile firmare presso il proprio comune di residenza o ai banchetti del comitato promotore (http://comitato.referendumelettorale.org/). A questo indirizzo è possibile vedere una mappa che dà indicazioni pratiche, come orari e sedi, in proposito: http://comitato.referendumelettorale.org/?page_id=104. Io ho firmato e consiglio di farlo anche abbastanza in fretta perché la scadenza è la fine del mese di settembre.
L'attuale legge elettorale risale al 2005 ed è la manifestazione più pura di quella che, in questo periodo, viene chiamata “casta”. L'elemento che più esprime questo caratteristica è il fatto che si vota su lista bloccata. Cosa significa? Significa che l'elettore non può indicare la propria preferenza sul candidato ma può solo votare il partito. Sulla base dei suffragi ottenuti da esso andranno in parlamento i candidati in ordine di inserimento nella lista. In pratica le segreterie dei vari partiti decidono a priori, sulla base dei sondaggi svolti a ridosso delle elezioni, chi saranno i propri parlamentari: se i dirigenti del partito Libero furto in libero stato (ogni allusione è voluta :-)), in base alla propria forza elettorale, presumono di poter eleggere 10 deputati, mettono le dieci, dodici per sicurezza, persone di loro fiducia, cioè ladri notoriamente molto destri e fedeli al capo, e hanno la certezza che quelli saranno i loro rappresentanti in Parlamento. Poi, magari, nelle successive posizioni della lista, possono aggiungere personalità assolutamente specchiate e oneste, per fare un po' di propaganda, tanto questi non saranno mai eletti.
Appare ovvio che, in questo modo, il potere delle segreterie dei partiti, tutti senza distinzione tra maggioranza e opposizione, è il massimo possibile rispetto a quello dei cittadini e anche rispetto agli stessi deputati eletti, per i quali non è più neanche necessario arrivare all'esclusione dalle liste in caso di scarsa fedeltà, basta retrocederli di alcuni posti nella futura lista elettorale e non saranno più rieletti: è il trionfo della partitocrazia.
A parte il macroscopico scippo ai danni degli elettori, questa legge ha anche altri difetti, in particolare i meccanismi di attribuzione dei premi di maggioranza che sono diversi tra camera e senato e che possono rendere difficile la formazione di una maggioranza di governo, favorendone così l'instabilità.
Il suo principale estensore, il disonorevole Calderoli, l'ha definita una “porcata” in un'intervista data a Enrico Mentana. Grazie a Berlusfan, che l'ha messo su YouTube, possiamo vedere il momento in cui esprime l'ineffabile giudizio sulle sue capacità di legislatore:

Questo è un trafiletto della Stampa di Torino che dà conto dell'episodio: CALDEROLIA «MATRIX» «La mia legge elettorale e' unaporcata».
Quello che Calderoli non dice in quell'intervista, e che invece sottolineano i commentatori, per esempio Giannini, è che la legge fu fatta soprattutto per mettere in difficoltà il futuro governo di centrosinistra che si immaginava ci sarebbe stato (e che infatti ci fu), a causa del vistoso calo di consensi che il governo Berlusconi in carica aveva all'epoca. Per questi motivi questa legge è universalmente chiamata “Porcellum”.
I referendum abrogativi riporterebbero la situazione al momento precedente l'introduzione del Porcellum, cioè alla legge Mattarella, che era stata in vigore nelle precedenti elezioni politiche, dal 1994 al 2001. Non fu una legge esente da difetti, tant'è vero che aveva anch'essa un nomignolo, “Mattarellum”, perché introduceva una quota proporzionale che venne vista all'epoca come un tradimento delle speranze di chi voleva diminuire il potere della DC, partito di Mattarella, che prosperava all'interno del sistema proporzionale.
In ogni caso la legge precedente è sicuramente meglio di quella attuale e non è escluso che, sotto la spinta dei referendum, il parlamento ne possa scrivere una migliore (sono un inguaribile ottimista!).
Se volete diminuire il potere della partitocrazia, andate a firmare, per favore.

venerdì 22 luglio 2011

Spider Truman e la logica

Impazza il gioco su chi sia Spider Truman. Ieri era Francesco Caruso, ex parlamentare di Rifondazione Comunista, che poi ha smentito (http://www.controlacrisi.org/joomla/index.php?option=com_content&view=article&id=16399&catid=39&Itemid=68). Il fatto che fosse lui aveva creato in rete un'ondata di indignazione, come se essere un ex parlamentare cambiasse qualcosa delle cose dette, a prescindere dal fatto di condividerle oppure no.

A me tutto questo ha ricordato un bellissimo libro di Irving Copi, Introduzione alla logica, edito dal Mulino. Nel capitolo sugli errori di ragionamento (Fallacie informali, p. 67, ed. 1987) descrive l'errore chiamato argumentum ad hominem (argomento diretto contro una persona), in cui si incorre “quando, invece di confutare la verità di ciò che è stato asserito, si sollevano dubbi sulla persona che ha fatto l'osservazione” (p. 70).

La cattiva retorica non fa bene a nessuno e, per quanto riguarda la “casta” e i suoi privilegi, ne è sempre stata uno degli strumenti comunicativi più efficaci, basti pensare a cosa sono stati gli ultimi vent'anni.

Fra le altre cose, le vecchie edizioni del libro di Copi (in Italia è stato pubblicato per la prima volta nel 1964), compresa quella dell'87 in mio possesso, contengono un'introduzione di Enzo Melandri, dall'illuminante titolo Logica, introduzione alla democrazia: quando un titolo dice già tutto.

A proposito: è arrivato il secondo video di Spider Truman su parlamentari e banche. Piccolo esercizio di logica: cosa cambierebbe, della verità o falsità di quello che dice, se lui fosse Caruso, o Franceschini, o Fini, o Pinco Pallino? Chiunque fosse sarebbe comunque una notizia da verificare. Punto.

lunedì 4 luglio 2011

NO TAV e violenza

La resistenza, individuale e collettiva agli atti dei pubblici poteri, che violino le libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla presente Costituzione, è diritto e dovere di ogni cittadino.
È questo l'abituale principio della resistenza, logico corollario dei due articoli precedenti.
Cfr. Costituzione francese del 19 aprile 1946, articolo 21: «Qualora il Governo violi le libertà e i diritti garantiti dalla Costituzione, la resistenza sotto ogni forma è il più sacro dei diritti e il più imperioso dei doveri».

Quello appena enunciato è l'art. 3, proposto dall'onorevole Giuseppe Dossetti per la Costituzione italiana alla cui stesura stava partecipando come membro dell'Assemblea Costituente (http://legislature.camera.it/_dati/costituente/lavori/relaz_proposte/I_Sottocommissione/10nc.pdf).

Dossetti faceva parte della Prima sottocommissione sui diritti e i doveri dei cittadini. Aldo Moro, nella seduta del 30 luglio 1946, riferendo quanto la sottocommissione aveva fatto il giorno precedente, presentò un “elenco sistematico dei diritti e dei doveri del cittadino” in cui, al punto 21, nella parte relativa alle libertà civili dell'uomo, c'era il “diritto di resistenza all'atto illegale dell'autorità” (http://legislature.camera.it/_dati/Costituente/Lavori/I_Sottocommissione/sed002/sed002nc.pdf).

Anche se questo diritto, alla fine dei lavori dei costituenti, non è stato esplicitamente previsto, esso è implicito nell'idea stessa di Costituzione, come limite fondamentale a qualsiasi esercizio del potere che travalichi la democrazia di cui la Costituzione è garanzia.

Mi è venuto in mente questo a proposito dei commenti sulla “violenza dei NO TAV” e ripensando al 16 marzo del 1977 a Bologna.

(La foto originale, di Enrico Scuro, ed altre relative allo stessa giornata, si trovano qui)





L'11 marzo, durante una manifestazione all'università, era stato ucciso dai carabinieri Francesco Lorusso, uno studente aderente a Lotta Continua. A questo erano seguiti alcuni giorni di scontri piuttosto violenti che erano culminati con l'occupazione militare della zona universitaria.

Il 16 marzo si svolse, in piazza Maggiore, una manifestazione dei partiti dell'arco costituzionale (così si diceva all'epoca), quindi anche della DC, la DC del ministro degli Interni Cossiga, che noi studenti, compagni di Francesco, ritenevamo, a torto o a ragione, responsabile di quella morte.

Il fratello di Francesco, Giovanni, avrebbe voluto leggere un intervento, a quella manifestazione, ma a noi, e quindi anche a lui, fu impedito l'accesso alla piazza perché noi eravamo “i violenti”, e la manifestazione era, appunto, contro la violenza, quindi contro di noi.

Mi ricordo bene la sensazione di esclusione che io, e molti altri, avemmo quel pomeriggio: dentro la piazza c'era la DC e noi eravamo fuori, anzi noi eravamo il nemico, quella manifestazione era contro di noi che eravamo “i” violenti.

Io penso che in quel momento il PCI abbia consumato una rottura netta con quella parte della mia generazione con la quale avrebbe dovuto, invece, trovare una mediazione. Penso che quella scelta, e l'idea complessiva di politica che c'era dietro, cioè la mediazione con il potere “vero”, quello appunto della DC, invece che con il movimento, abbia segnato il percorso poco brillante che la sinistra italiana ha avuto successivamente (per capire: fatte tutte le dovute distinzioni, sarebbe come se adesso il PD e il PDL facessero una manifestazione assieme contro la “violenza dei NO TAV”).

Esattamente un anno dopo, il 16 marzo 1978, Aldo Moro, proprio quell'Aldo Moro della Costituente, fu rapito dalle Brigate Rosse e, poco più di un mese dopo, ucciso: un'altra delle cose che pensai quel 16 marzo del 1977 era che stavano facendo una grande favore a quelli che vedevano nel terrorismo una concreta possibilità di azione. Io, come la maggior parte degli aderenti al movimento, non amavo per niente la violenza, e men che meno il terrorismo, ma capivo che quello che stava facendo il PCI in quel momento, il PCI peraltro fiero e sincero avversario di ogni prospettiva di lotta armata, era spingere verso di essa tutti coloro che si sentivano esclusi dalla rappresentanza e pensavano che la violenza fosse una opzione possibile.

Quelli che nel 1977 avevano la mia età attuale erano ventenni durante la guerra civile e durante gli anni, appunto, della Costituente, ma si sono ben guardati dal ricordarci, e, prima ancora, dal ricordare a se stessi, quel dibattito nella prima sottocommissione della Costituente, cioè dal ricordare che l'unica possibilità per evitare la violenza politica è ampliare lo spazio della democrazia, e non restringerlo, costringendo così chi protesta in un angolo, senza la possibilità che le proprie rivendicazioni trovino un luogo all'interno del quale poter essere espresse.

Non vorrei che adesso la sinistra rifacesse lo stesso errore che fece più di trenta anni fa. In questo momento la sinistra deve essere in grado, se vuole ricominciare ad esistere, di ascoltare le istanze dei movimenti che si stanno sviluppando anche qui in Italia. Gli attuali movimenti non rappresentano l'utopia, al contrario è utopistico pensare che il modello del capitalismo neoliberista, che distrugge gli uomini e l'ambiente, possa continuare ad essere un modello possibile. Se la sinistra vuole esistere deve creare un modello alternativo, che sappia essere più vicino alle istanze dei cittadini, che sappia ricominciare dal basso includendo e non escludendo.

Quindi, per favore, niente anatemi contro i violenti, maggiore attenzione a come il disagio sociale si crea e, più nello specifico, in questo caso, l'Europa e il progresso dovrebbero essere messi in secondo piano rispetto alle rivendicazioni delle comunità locali, perché queste rappresentano un'idea diversa di sviluppo e società e non semplicemente l'egoistico rifiuto di concedere il proprio giardino per il bene comune: forse, in questo caso, il bene comune è la Val di Susa così com'è.


venerdì 1 luglio 2011

Nuova legge sui figli nati "fuori dal matrimonio"

I figli di persone non sposate, finora, in Italia, non avevavno altri parenti al di fuori dei propri genitori. Non aveva nessuna importanza la famiglia di fatto per definire gli altri rapporti parentali: due bambini nati entrambi dagli stessi genitori, che hanno riconosciuti entrambi, sul piano giuridico, non sono neanche fratelli fra di loro e, quindi, tanto meno hanno nonni, zii, cugini. Così è, o, forse, fra un po', era, perché la camera ha approvato un provvedimento che cambia il diritto di famiglia, equiparando i figli nati "fuori dal matrimonio" a quelli nati "dentro al matrimonio".
Se tutto va bene e il provvedimento passerà anche al senato, questa assurda situazione sarà sanata: un piccolo passo verso una maggiore civiltà.


mercoledì 29 giugno 2011

A proposito di spazzatura

A volte, in maniera del tutto casuale, si trovano cose che si collegano direttamente a quello che succede nel presente, anche se risalgono ad un tempo molto diverso.
E' il caso di questo breve film brasiliano, Ilha das flores (L'isola dei fiori), realizzato da Jorge Furtado, un cineasta brasiliano, nel 1989, cioè molti anni prima che Napoli fosse invasa dai rifiuti.
Con un'ironia molto secca e con grande efficacia, in soli 12 minuti, ci fa riflettere su come noi umani, dotati di un "cervello altamente sviluppato e i pollici opponibili", produciamo un'enorme quantità di rifiuti, e, in genere, alimentiamo un assurdo, e crudele, ciclo economico.



I sottotitoli in italiano dovrebbero apparire automaticamente. Nel caso non fosse così cliccare su "CC".
I sottotitoli (www.yound.net) sono di Caparezzola, io ho rivisto solo alcune parole.


sabato 25 giugno 2011

Life In A Day

Il 24 luglio 2011 sarà il primo anniversario del 24 luglio 2010. Il 24 luglio 2010 è stato il giorno scelto da Kevin Macdonald, regista, e Ridley Scott, produttore, per un interessante esperimento cinematografico, cioè un film realizzato montando i video girati dagli utenti di YouTube che documentavano quel preciso giorno.
L'iniziativa ha avuto un successo straordinario, 4500 ore di video inviati da circa 80000 utenti. Il film è stato presentato in anteprima al Sundance Film Festival, dove è stato proiettato il 27 gennaio e contemporanenamente sul sito YouTube del progetto (http://www.youtube.com/user/lifeinaday), dove si è potuto vedere sottotitolato in molte lingue fra cui l'italiano.
In questo video il regista spiega cosa devono fare coloro che vogliono inviare il proprio materiale: filmare la propria vita, rispondere a tre domande sulla cosa che amano di più, quella che fa più paura e quella che li fa ridere, e mostrare il contenuto delle proprie tasche.




Il risultato finale è stato un film (un documentario?) molto emozionante e un modo di utilizzare la rete davvero geniale, fra l'altro il sito YouTube permette la visione di molti spezzoni catalogati sia geograficamente, sia per parole chiave.
Il film è uscito in Germania e in Gran Bretagna in giugno e il 24 luglio sarà nei cinema degli Stati Uniti. Per ora in Italia non sono ancora previste proiezioni, però si può trovare in rete sia il film, sia il file con i sottotitoli in italiano e da settembre sarà diponibile ufficialmente su YouTube.
Che relazione ha tutto questo con la politica in Italia? A me Life In A Day è tornato in mente a proposito del peso che ha avuto la rete nelle ultime elezioni amministrative e ai referendum. Non saprei dire quanto ha contato, però penso che abbia attivato una grande capacità di condivisione di un obiettivo comune, così come è avvenuto per questo film. Inoltre, nella campagna per le amminstrative e per i referendum, non c'era nessun coordinamento paragonabile a quello che è stato messo in atto dalla produzione del film e che ha permesso il successo dell'iniziativa.
Mi vengono in mente due cose:
  1. la rete è uno strumento che, usato bene, fa aumentare il tuo potere (banale, ma andrebbe ricordato);
  2. quando i partiti impareranno ad utilizzarla, e non andranno più a Sucate, il gioco si farà più difficile.
Insomma per come la vedo io, per ora è andata così perché in questo momento l'elettorato giovanile, che utilizza la rete, è orientato a sinistra, ma non sempre sarà così e, soprattutto, anche i Biechi Blu (vedi Yellow Submarine), prima o poi, impareranno ad utilizzarne i vari strumenti e dopo il gioco si farà più duro.
Intanto buone vacanze e andate a vedere Life In A Day, se vi capita.

venerdì 17 giugno 2011

Stefano Rodotà sul quorum ai referendum

Anche Stefano Rodotà, come Scalfari precedentemente, si è espresso a favore di una modifica del quorum che rende validi i referendum abrogativi.
Del suo articolo, Referendum, una vittoria che viene da lontano, pubblicato dalla "Repubblica" il 16 giugno 2011, riporto la parte che più interessa per la questione del quorum:

Guardiamo alle novità, allora, e alle prospettive e ai problemi che abbiamo di fronte. Il voto di domenica e lunedì ha restituito agli italiani un istituto fondamentale della democrazia - il referendum, appunto. Ma ci dice anche che bisogna eliminare due anomalie che continuano a inquinarne il funzionamento. È indispensabile riscrivere la demagogica legge sul voto degli italiani all'estero, fonte di distorsioni, se non di vere e proprie manipolazione. È indispensabile ridurre almeno il quorum per la validità dei referendum. Pensato come strumento per evitare che l'abrogazione delle leggi finisse nelle mani di minoranze non rappresentative, il quorum ha finito con il divenire il mezzo attraverso il quale si cerca di utilizzare l'astensione per negare il diritto dei cittadini di agire come "legislatore negativo". Si svilisce così anche la virtù del referendum come promotore di discussione democratica su grandi questioni di interesse comune.

giovedì 16 giugno 2011

Pinocchio Brunetta e i fatti

Pinocchio Brunetta, ottimo ministro del migliore governo degli ultimi 150 anni, cioè di sempre, visto che prima lo stato italiano non esisteva, non mostra molta attenzione nei confronti di chi dovrebbe amministrare, cioè i precari della, appunto, pubblica amministrazione. Ma, in fondo va capito: quattro straccioni (anzi, in questo caso "straccione") che rovinano le sorti magnifiche e progressive che l'Italia sta realizzando da quando Lui esercita magistralmente la sua altissima funzione: no, no, proprio non si fa.



Poi nascono le polemiche e Pinocchio Brunetta racconta la sua versione che, in fondo, quasi coincide con i fatti: peccato che i tempi debbano essere completamente invertiti e che lui non abbia esattamente lasciato il palco spiegando gentilmente che era una questione un po' troppo complicata da trattare in poco tempo, ma questi, per le persone come lui, sono particolari trascurabili, fuscelli lungo il cammino della grande storia, che non si occupa di quei dettagli che sono le vite delle persone, per giunta appartenenti all' "Italia peggiore", come la chiama lui e, immagino, i suoi amici.
Sono orgoglioso di fare parte di quell'Italia peggiore che preferisce i precari al Ministro Brunetta e ai suoi amici, e sono molto contento che qui a Venezia, per due volte, abbiamo impedito che diventasse Sindaco una persona capace di raccontare, con così grande faccia tosta, simili menzogne.

mercoledì 15 giugno 2011

Mappa del voto ai referendum nelle varie regioni

La mappa seguente rappresenta l'affluenza ai referendum nelle varie regioni d'Italia.
Cliccando si ingrandisce


La successiva, invece, è la mappa che rappresenta, regione per regione, lo scarto tra centrodestra e centrosinistra alle elezioni politiche del 2008.
In alcuni casi appaiono delle correlazioni, come per l'Emilia-Romagna o la Toscana, che hanno un centrosinistra più forte del centrodestra e anche una alta affluenza alle urne, mentre in altri non è così, come, per esempio per il Trentino-Alto Adige, che è in assoluto la regione con la maggior percentuale di votanti ai referendum, anche se il centrodestra, alle passate elezioni politiche superava, seppur non di molto, il centrosinistra. Un confronto interessante è tra l'Umbria e il Veneto, che hanno praticamente la stessa affluenza (c'è una differenza di appena mezzo punto) anche se il rapporto tra i due diversi schieramenti politici è del tutto opposto, seppur non nella stessa misura. D'altra parte c'è il caso della Basilicata che è un po' l'opposto del Trentino: ha la stessa percentuale della Lombardia, ma ha votato alle elezioni del 2008 in maniera opposta.
Il voto ai referendum è andato molto al di là delle appartenenze politiche dei cittadini che l'hanno espresso e, probabilmente, ha avuto delle determinazioni "locali", nel senso che ha contato molto la presenza, il contatto diretto con la miriade di persone che si sono attivate: forse in alcune situazioni apparentemente favorevoli, questo non è avvenuto. O, forse, ha influito la mancanza della Lega, che in Basilicata non c'è: sarebbe un indizio al contrario che il voto che è arrivato dal centrodestra proveniva soprattutto da essa e non dal PdL.
Sarà interessante, a questo proposito, vedere le analisi del voto fatte dagli esperti di flussi elettorali.


Per comodità si allega la tabella con i dati ordinati per affluenza decrescente.
La mancanza del dato sulle elezioni politiche in Val d'Aosta è perché gli schieramenti non erano paragonabili al resto d'Italia.

Regioni Scarto tra cdx e csx
anno 2008
Affluenza referendum
anno 2011
Trentino-Alto Adige 2,56 64,60
Emilia-Romagna -13,59 64,15
Toscana -16,7 63,61
Marche -8,69 61,56
Valle d'Aosta
61,10
Liguria 1,07 59,43
Umbria -11,23 59,37
Piemonte 9,47 59,04
Veneto 23,62 58,92
Lazio 2,78 58,90
Molise -3,75 58,69
Sardegna 2,89 58,64
Friuli-Venezia Giulia 12,1 58,20
Abruzzo 2,69 57,50
Lombardia 23,02 54,41
Basilicata -6,93 54,33
Sicilia 25,48 52,70
Puglia 11,86 52,55
Campania 17,57 52,29
Calabria 7,67 50,38

martedì 14 giugno 2011

Un mappa dell'affluenza ai referendum in Veneto

In questa mappa si può vedere l'andamento della partecipazione al voto ai referendum del 12 e 13 giugno per quanto riguarda il Veneto.
Cliccando sulla mappa si ingrandisce.



Il confronto con le elezioni politiche del 2008 mostra il dato molto interessante della provincia di Padova, che pur non essendo quella in cui lo scarto tra centrodestra e centrosinistra è minimo, è quella in cui c'è stata la massima affluenza al voto ai referendum, con un punto in più rispetto a Venezia che però aveva il centrosinistra più forte della regione. Un'analisi della situazione locale probabilmente farebbe capire il perché. azzardo un'ipotesi: la presenza dell'università più grande della regione, e quindi di molti studenti, avvalora la tendenza che sembra ormai assodata di un maggior protagonismo giovanile in questa campagna referendaria. Quello che questi referendum stanno mostrando è sicuramente una maggior fluidità dell'elettorato che è disposto a sostenere istanze che non sono del proprio schieramento.



La mappa mostra lo scarto tra la percentuale di voti avuti dal Centrodestra (Lega + PdL) e il centrosinistra (PD + IdV) alle elezioni politiche del 2008 alla Camera.
Per comodità aggiungo la tabella dei dati. Sono in ordine crescente di affluenza.


Provincia Scarto Affluenza
Verona 33,16 55,74
Rovigo 12,71 56,82
Belluno 20,01 57,92
Treviso 29,69 58,93
Vicenza 27,65 59,50
Venezia 11,19 60,18
Padova 20,57 61,08

Una mappa dell'affluenza ai Referendum in provincia di Venezia

In questa mappa si può vedere l'andamento della partecipazione al voto ai referendum del 12 e 13 giugno.
Per qualche stranezza di quelle che accompagnano sempre la vita informatica il generatore della mappa non ha accettato alcuni dati, i cui valori sono presenti in nota.
E' interessante notare che la percentuale più alta di votanti non è a Venezia, ma in alcuni comuni della provincia.
Cliccando sulla mappa si ingrandisce.



Mi sembra interessante il confronto con quanto è avvenuto alle politiche del 2008. La mappa rappresenta lo scarto, in punti percentuale, tra il centrodestra e il centrosinistra. Anche se sul piano nazionale si dice che c'è stata una grande affluenza nelle zone a prevalenza leghista, nella provincia di Venezia questo è avvenuto in misura maggiore dove lo scarto tra il centrodestra e il centrosinistra era minore.
Dal mio punto di vista questo significa che in queste zone gli elettori di centrosinistra, quindi maggiormente favorevoli ai temi dei referendum, oltre ad essere andati a votare, sono stati in grado di esercitare una sorta di potere di attrazione sugli elettori di centrodestra. Nelle zone dove lo scarto era maggiore, invece, ci sono state percentuali più basse di affluenza ai referendum.
Mi pare che questo possa anche dire che esistono fasce abbastanze ampie di elettorato che sono meno sensibili ai richiami ideologici e spostano il proprio voto a seconda di quello che ritengono più importante in quel momento.



Per comodità inserisco la tabella con i dati. Sono in ordine crescente secondo l'affluenza.

Comune Scarto tra Cdx e Csx Percentuale votanti ai referendum
Cavallino-Treporti 47,17 43,73
Iesolo 44,81 44,02
Caorle 42,56 46,57
San Michele al Tagliamento 35,79 49,08
Eraclea 38,52 52,00
Cinto Caomaggiore 30,36 53,35
Pramaggiore 36,09 54,28
Annone Veneto 40,55 55,15
Portogruaro 16,85 55,36
Noventa di Piave 22,91 55,38
Torre di Mosto 30,25 56,93
San Donà di Piave 23,32 57,11
Santo Stino di Livenza 21,51 57,24
Cona 25,17 57,60
Gruaro 24,02 57,63
Chioggia 32,80 57,96
Teglio Veneto 14,84 58,24
Musile di Piave 23,79 58,40
Cavarzere 15,55 58,75
Fossalta di Portogruaro 11,99 59,88
Concordia sagittaria -0,62 60,21
Quarto 13,18 60,45
Venezia -3,75 60,80
Ceggia 12,02 61,04
Fossalta di Piave 16,15 62,08
Scorzè 20,04 62,17
Stra 19,44 62,75
Fiesso d′Artico 11,99 62,98
Marcon 10,56 63,02
Meolo 14,04 63,13
Noale 16,71 63,61
Dolo 6,28 64,13
Mirano 1,19 65,03
Santa Maria di Sala 24,14 65,06
Pianiga 20,05 65,40
Salzano 10,09 65,63
Vigonovo 23,53 65,79
Campolongo Maggiore 12,23 65,88
Campagna Lupia 4,15 65,92
Mira -6,88 65,92
Martellago 6,38 65,99
Fossò 19,16 66,25
Spinea -4,77 66,54
Camponogara 4,41 68,39

lunedì 13 giugno 2011

Dopo i referendum

E anche questa è andata: fino a qualche mese fa nessuno avrebbe immaginato quello che è successo tra maggio e giugno nel panorama politico italiano. Tutto sembrava bloccato tra una destra demagogica e apparentemente onnipotente e una sinistra autolesionista e incapace di fare opposizione.
Il risultato ottenuto con il voto ai referendum è straordinario per molte ragioni:
  • perché segna un'inversione di tendenza rispetto all'ideologia, imperante negli ultimi anni, che "privato è meglio";
  • perché blocca la costruzione delle centrali nucleari;
  • perché afferma un principio fondamentale, come l'uguaglianza nei confronti della legge;
  • perché sicuramente mette in crisi l'attuale orrenda compagine di governo.
Ma il motivo che mi sembra più importante sottolineare è che gli ultimi referendum ad aver ottenuto il quorum risalgono al 1995; quelli tenuti in seguito sono tutti falliti (vedi I votanti ai precedenti referendum) e quindi questi del 12 e 13 giugno rappresentano una decisa inversione di tendenza nella partecipazione dei cittadini alla vita politica del paese. Il disinteresse per la politica, alimentato dall'idea che i cittadini poco o nulla potessero fare per cambiare le cose, ha raggiunto, negli ultimi anni, livelli mai visti prima nella storia della Repubblica italiana. La storia dell'astensione alle elezioni e ai referendum è lì a testimoniare questo: si è addirittura parlato di un partito del non-voto.
Adesso sembra esserci un'inversione di tendenza, e, a partire dalla manifestazione promossa dalle donne il 13 febbraio, moltissime persone hanno cominciato a pensare che l'unica possibilità di cambiamento potesse venire solo attraverso l'azione diretta: si può dire che lo strapotere del governo e l'inazione dell'opposizione hanno contribuito a generare, per disperazione, la risposta dei cittadini.
I referendum sono stati il compimento di questo processo: milioni di persone, al di fuori dei partiti, hanno fatto tanti piccoli gesti per dare visibilità ai referendum mentre il governo faceva di tutto per eliminarli o almeno nasconderli. Parallelalmente una parte dell'opposizione si è "convertita" ai referendum solo quando si è resa conto che non farlo sarebbe stato un suicidio politico e soprattutto dopo che le vittorie elettorali alle amministrative avevano segnato in maniera chiarissima verso quale direzione doveva muoversi la sinistra per riconquistare credibilità.
Quello che hanno posto questi referendum, oltre ai contenuti dei quesiti, quindi, è una domanda di democrazia vera, cioè di maggior potere dei cittadini rispetto ai rappresentanti, soprattutto sul piano del rapporto con i partiti. Più potere ai cittadini e una loro maggior partecipazione alla politica, anche attraverso gli strumenti della rete, sono le possibilità che il nostro paese ha per cambiare in meglio.
Se la sinistra lo capirà e muterà se stessa coerentemente, forse siamo veramente alla fine del tunnel.

Eugenio Scalfari sul quorum ai referendum

Questo è parte del solito articolo domenicale di Scalfari sulla "Repubblica": Quattro motivi (più uno) per votare.

Oggi e domani si vota sui quattro quesiti referendari. Si vota "sì" oppure "no" oppure non si vota affatto con l'intenzione di far fallire i referendum.

Bisognerà a tempo debito riformare la legislazione referendaria introducendo il referendum propositivo accanto a quello abrogativo e togliendo il "quorum". Se una legge vigente non piace o se un gruppo consistente di cittadini vuole proporre una legge, il "quorum" non ha senso come non avrebbe senso per le elezioni politiche e amministrative dove infatti non è previsto.

Ma questo riguarda il futuro. Al momento il "quorum" è previsto e chi vuole che vinca il "sì" deve come prima condizione fare quanto può perché sia raggiunto. Chi punta sull'astensione sa che si gioverà dell'astensionismo fisiologico che oscilla da sempre tra il 15 e il 20 per cento. Basterà dunque che l'astensione attiva sia del 35 per cento per vanificare la massa dei "sì". Così avvenne anche per la procreazione assistita.

I "sì" e i "no" che vanno a votare giocano dunque con un braccio legato rischiando di perdere con un 50 contro un 35. Sarà questo il risultato? Noi crediamo e speriamo di no perché crediamo che i quattro quesiti meritino il "sì". Ed anche per gli effetti politici che una vittoria referendaria potrà provocare.

Dopo la sconfitta al primo turno delle amministrative e quella ancor più cocente nei ballottaggi, l'ottenimento del quorum e la vittoria dei sì completerebbe la serie con effetti imprevedibili. Escludo le dimissioni di Berlusconi, ma non escludo l'implosione sia del Pdl sia della Lega. Implosione già in corso in entrambi quei partiti, resa ancor più acuta dalla situazione economica, dalla precarietà dei mercati finanziari, e dalle richieste dell'Europa ai paesi con bassa crescita ed elevato debito pubblico.