domenica 16 ottobre 2011

Gli indignati a Roma: la responsabilità delle violenze

Quando la situazione è difficile è necessario essere chiari ed evitare l'ipocrisia: la responsabilità politica e morale delle violenze che ci sono state a Roma sabato 15 ottobre durante la manifestazione degli indignati è, in primo luogo, di questo governo e secondariamente di questa opposizione balbettante ed equivoca.
Se si trasforma la democrazia, cioè l'unico modo che abbiamo saputo realizzare per evitare i cambiamenti violenti, in un mercato indegno dove vince sempre il più ricco, poi non ci si può stupire se qualcuno decide di rispolverare concetti e pratiche che sembravano ormai appartenere al passato.
Se una generazione deve assistere alla propria espulsione dal mercato del lavoro da una crisi che è stata creata dalle grandi istituzioni finanziarie e da un'economia fuori controllo che crea una sempre maggiore distanza tra poveri e ricchi, poi non ci si può stupire se qualcuno decide di trasformare la propria disperazione in rabbia violenta.
Se dobbiamo assistere troppo spesso al triste spettacolo di cittadini morti in circostanze poco chiare mentre erano in custodia presso le forze dell'ordine o che da esse vengono malmenati in maniera ingiustificata e tutto questo poi non porta mai alla punizione dei responsabili e, soprattutto, alla fine di questa barbarie, poi non ci si può stupire se un blindato viene dato alle fiamme e su di esso venga scritto “ACAB” (All Cops Are Bastards).
Non si può pensare di esasperare, con le proprie inadempienze politiche e morali, un intero popolo e poi pensare che questo non crei conseguenze anche violente: se solo a Roma la protesta ha avuto gli esiti che si sono visti, mentre nelle altre nazioni tutto si è svolto in maniera ordinata, è perché solo in Italia c'è questa democrazia malata che non dà ai propri cittadini la speranza del cambiamento attraverso le procedure pacifiche del voto e della rappresentanza parlamentare.
Poi ci sono le responsabilità individuali, dei manifestanti che hanno usato la violenza e di chi queste violenze avrebbe dovuto contenerle e, possibilmente, fare in modo che non ci fossero. Ho seguito per tutto il pomeriggio la diretta di Sky TG24 e l'inviata per un paio d'ore, e forse più, ha parlato di una piazza San Giovanni dove i manifestanti, sia quelli pacifici, sia quelli violenti, non avevano via d'uscita. Che io sappia, ma non sono un tecnico dell'ordine pubblico, chiudere tutte le possibilità di fuga ad un massa di manifestanti è il modo migliore per provocare incidenti, per l'impossibilità di defluire delle masse coinvolte. Inoltre chi si trova costretto in tale situazione ha l'ulteriore alibi all'esercizio della violenza dato dal non avere via di scampo: mi piacerebbe che, oltre ai manifestanti responsabili delle violenze, sul banco degli imputati ci fossero anche i responsabili dell'ordine pubblico, ma Lorsignori, naturalmente, hanno fatto solo il loro dovere, cioè hanno provocato quello che avrebbero dovuto evitare.
Io detesto la violenza e vorrei che fosse sempre evitata, ma detesto anche l'ipocrisia e la patente incapacità di una classe dirigente che ha la responsabilità morale e politica di questa situazione e non fa niente per togliere le cause che l'hanno provocata, anzi sembra volerne sempre aggiungere altre.

5 commenti:

  1. non è vero che a piazza san giovanni non c'erano vie d'uscita... io ero lì e non davanti ad un monitor televisivo....

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  2. @anonimo: Questo è quello che dicevano alla diretta Sky TG24 e che ho letto in qualche commento di altri partecipanti. Se le cose erano meglio di quanto ho potuto pensare sulla base delle mie informazioni non posso che rallegrarmene, in ogni caso non mi pare che ci sia stata una gestione efficiente dell'ordine pubblico a meno che non pensiamo che l'unico autorizzato ad emettere giudizi sia il ministro Maroni.

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  3. @anonimo: alcune persone che erano in piazza San Giovanni mi hanno confermato che non è stato possibile spostarsi fino a quando non sono finiti gli scontri. Non so cosa dire, evidentemente ci sono state delle percezioni diverse di quale fosse la situazione reale.

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