L'articolo 77 è modificato dall'articolo 16 della legge di riforma costituzionale.
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L'articolo 77 regola la decretazione d'urgenza che può essere attuata da parte del Governo.
Il primo comma si riferisce alla "legge", e non più genericamente alle Camere, perché il processo di formazione delle leggi è cambiato e prevede funzioni diverse per i due rami del Parlamento, quindi in caso di delega al Governo dell'iniziativa legislativa, questa deve essere conseguente ad una legge parlamentare.
Il secondo comma definisce l'iter di conversione dei decreti che il Governo può emanare per motivi d'urgenza. Come già ora, il decreto legge deve essere, lo stesso giorno in cui è stato approvato, presentato in Parlamento per l'approvazione. La novità consiste nel fatto che il Senato sembra escluso dal voto su di esso ("deve il giorno stesso presentarli per la conversione alla Camera dei deputati, anche quando la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere"), indipendentemente dalla materia sulla quale il Governo ha decretato. Questo significa che il Governo può, per motivi d'urgenza, legiferare su argomenti che prevederebbero anche il voto del Senato, senza di esso: un ulteriore depotenziamento del ruolo di questo ramo del Parlamento, per giunta proprio su quelle che sarebbero le prerogative specifiche di esso. E, viceversa, un ulteriore aumento dei poteri dell'esecutivo sul legislativo, sempre a conferma del processo di irrigidimento gerarchico a favore del governo. E, immagino, un motivo di discussioni e polemiche interpretative.
Il terzo comma sancisce l'allungamento dei tempi di cui abbiamo già parlato a proposito dell'articolo 74 in caso di riesame chiesto dal Presidente della Repubblica e di nuovo cambia il riferimento alla "legge", invece che alle "Camere", come nel primo.
I successivi quattro commi sono del tutto nuovi.
Il quarto pone dei limiti all'emanazione di decreti da parte del Governo nel solito barbaro modo di riferirsi ad un comma di un altro articolo, comma che pone peraltro dei problemi di cui ho già precedentemente riferito (vedi analisi dell'articolo 72).
Il quinto e il settimo (perché separarli quando considerati assieme la loro interpretazione risulta più facile?) impongono che nella conversione dei decreti legge non vengano immesse norme non attinenti al testo complessivo in approvazione che, appunto, deve avere una sua coerenza e mantenerla anche in caso di variazioni.
Il sesto comma rimanda (ancora!) all'articolo 70 e in particolare ai commi che definiscono in quale modo il Senato possa chiedere di esaminare le leggi che sono di competenza della sola Camera e proporre modifiche che però sarà la Camera ad approvare o rigettare: si ribadisce il ruolo "consultivo" del Senato per quanto riguarda l'attività legislativa del Governo.
In sintesi: scarsa chiarezza, ridimensionamento del ruolo del Senato, ridotto, sembrerebbe anche sul piano delle proprie competenze, ad un ruolo ancillare di consulenza e infine rafforzamento dell'esecutivo rispetto al controllo parlamentare: insomma, una Costituzione da Azzecca-garbugli, per usare le parole di quel signore che aveva venticinque lettori.
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